LA TORRE DIMENTICATA
TORRE MOSCA 1834 m
È difficile, percorrendo il frequentato sentiero per Bocchetta Fondi, non posare almeno una volta lo sguardo sul versante sud-est di Cima Mosca. Sotto la detritica e mugosa vetta, una serie di articolati e verticali pilastri scendono fino ai ghiaioni, arrivando a poche decine di metri dal sentiero. In realtà, la Torre Mosca, sorge da un canalone indipendente e poco visibile parallelo al Boale Fondi che si chiama Boale Mosca, e ha il suo massimo sviluppo in corrispondenza della parete est, dove presenta anche la sua conformazione più caratteristica. Nella parte bassa una fascia di pilastrini e canali interrompendosi su una cengia detritica creano una specie di zoccolo, mentre sopra la cengia si staglia il vero corpo della Torre Mosca, un monolitico pilastro dalle forme arrotondate, privo di qualsiasi imperfezione: nessuna cengietta, tetto, fessura o diedro, solo sul lato destro un caratteristico camino rompe la parete sui 2/3 della larghezza creando un pilastro minore che è diviso anche in alto, una ventina di metri sotto la cima, da una forcella.
Molte volte, durante il mio girovagare per i sentieri del versante nord del Carega avevo messo gli occhi sulla parete, ma la stupenda esposizione però, era sempre offuscata dalla sensazione che la roccia non fosse proprio buona e che la difficoltà di proteggere la salita e perciò la sicurezza dell’arrampicata non avrebbero permesso la realizzazione di un buona scalata.
Forse anche per questo, nonostante avessi sempre visto quel camino, in realtà non gli avevo mai dato importanza, non studiandolo e non capendo che era l’unica possibilità di salita. Per quanto riguarda la storia della “Torre” sapevo che era stato tracciato un solo itinerario (Parete Sud-Sud-Est; O. Menato, F. dal Prà e Gianna Cego, 14 agosto 1938) e proprio sull’altro versante, rivolto verso Bocchetta Fondi, e non avevo mai sentito parlare di altre vie più moderne.
Settembre 2009
Il penultimo week-end del mese, ero in giro col mio cane per dare un’occhiata ad alcune guglie e torri dimenticate nella zona del Nodo Centrale sul Carega, le mie mire erano altre, ma per caso la mia attenzione cascò nuovamente sulla Torre Mosca e non so spiegare perchè, ma questa volta la vidi con occhi diversi... quel caratteristico camino mi sembrava troppo evidente per non essere stato ancora salito eppure non avevo trovato nessun riscontro di una precedente salita.
Decisi che l’unico modo per saperlo era andare a vedere e tutto sommato, osservando con il binocolo vidi anche un paio di punti, in cui la roccia non sembrava male, per superare lo zoccolo...insomma era nato un progetto! La settimana successiva, quotidianamente i miei pensieri ritornarono a quella “visione” e una sera ne parlai con Stefano Zordan, al quale illustrai il progetto anche grazie a delle foto dettagliate.Senza nessuna difficoltà condivise immediatamente l’idea e decidemmo di andare il sabato successivo a provare.. il progetto era già diventato una linea di scalata, materialmente sulla foto e alpinisticamente nelle nostre menti... Io avevo qualche piccolo dubbio, soprattutto riguardo alla qualità della roccia. Non sapevo se sarebbe stato possibile superare effettivamente lo zoccolo, che comunque sembrava facile, e tanto più se era possibile scalare il camino che sicuramente avrebbe opposto difficoltà più elevate. Insomma il problema era di mettere buoni chiodi su una roccia nel peggiore dei casi pessima.
Sabato il tempo non fu buono ma domenica partimmo, per una giornata all’insegna delle incognite...
La giornata invece, ci riservò, come sempre in montagna, delle scoperte e delle emozioni uniche e inaspettate. Lo zoccolo risultò più lungo del previsto, ma dopo un breve inizio friabile scoprimmo che un ottimo camino, stretto e profondo ma con ottima roccia, stava nascosto fra le pieghe della parete e con due lunghezze di corda ci permetteva di arrivare direttamente alla cengia.
Il tiro attraveso un canale nella cengia risultò estremamente friabile ma facile e a due ore circa dall’attacco eravamo già sotto il caratteristico camino. Non avevamo trovato chiodi o altri segni di precedenti scalate fino a quel momento, e questo ci dava forza per continuare, coscienti ora di essere nel pieno di una vera pagina di alpinismo esplorativo, ma il camino che ci si mostrava davanti allo stesso tempo ci faceva capire il perché...
Qui la roccia non era molto buona, le pareti ai lati erano completamente verticali e una delle fessure sul fondo si allargava notevolmente fino a diventare un strettissimo camino a sè, che poi si richiudeva diventando ora una fessura quasi strapiombante, lì in qualche modo bisognava sicuramente uscire e traversare in parete sul fondo del camino principale, in alto forse largo un paio di metri.
Così, poi, riuscimmo a passare, solo che tutto si rivelò più lungo del previsto, Stefano fu costretto ad approntare una sosta intermedia in una nicchia del camino interno e io con la seconda lunghezza uscii dai camini, e per un facile canalino raggiunsi la selleta terminale, prima dell’ultimo tiro. La difficoltà crediamo possa essere valutata VI- in tutte due le lunghezze.
Ma non era ancora finita, un muretto strapiombante celava ancora il diedrino che portava sullo spigolo della cima; Stefano partì spedito, ormai erano le 16 circa, superò così il passo più difficile della via (VI+, nessun chiodo sul muretto), e per una fessurina e una facile placca, guadagnò la cima.
Anche se respirammo l’aria di vittoria già all’uscita del camino, l’arrivo sui dolci pendi del Mosca fu proprio la consapevolezza di aver fatto allo stesso tempo una grande e semplice cosa, tutto era andato nel migliore dei modi: la freschezza di un progetto nato solo una settimana prima, la sua realizzazione, la relativa velocità, in sei ore e mezza avevamo arrampicato e attrezzato più o meno duecento metri di dislivello e duecentocinquanta di sviluppo, le difficoltà superate, e l’effettiva prima salita di questo versante della “Torre” dimenticata...